FOTOCATALISI
- Ioni superossidi;
- Perossido d’idrogeno;
- Rivestimento idratato;
- Matrice ingegnerizzata;
- Plasma purificante;
- Rivestimento idrofilo in metallo raro e nobile;
- Lampada UV-X ad alta intensità ad ampio spettro di luce germicida 254nm hv UV-X.
Per la Sanificazione aria e superfici
La tecnologia della fotocatalisi si basa su principi che già avvengono in natura e che utilizzano l’umidità relativa per trasformarla grazie a sistemi luminosi fotocatalizzanti in perossido di idrogeno, meglio noto come acqua ossigenata. L’ossidazione fotocatalitica, in particolare, riproduce di continuo quello che avviene in natura grazie all’azione combinata di raggi UV del sole e di metalli, che trasformano l’umidità relativa dell’aria in ioni ossidanti in grado di distruggere la maggior parte degli agenti inquinanti e tossici. Il vantaggio di un sistema come questo è che è naturale e che sanifica di continuo l’aria in ambienti in cui sono presenti anche persone e animali ed è in grado di eliminare batteri, muffe, lieviti e virus.
Questo sistema si fonda su un processo di “elettro – fotocatalisi eterogenea su biossido di titanio nano-strutturato”, finalizzata alla degradazione di composti organici. La fotocatalisi è un metodo di scissione di determinati componenti chimici che si basa sull’impiego di un catalizzatore di reazioni chimiche che entra in azione solo quanto è colpito da un fascio di luce di una determinata lunghezza d’onda. I fotocatalizzatori classici sono costituiti da composti metallici quali il biossido di titanio (che è anche il più attivo e il più utilizzato), l’ossido di zinco, il biossido di cerio o l’ossido di zirconio. Come fotocatalizzatori, in genere si usano dei materiali semiconduttori come il silicio, il germanio o l’arseniuro di gallio. Per definizione i semiconduttori sono materiali che stanno a metà strada tra i materiali conduttori di elettricità e quelli che, invece, fungono da isolanti e bloccano il passaggio della corrente elettrica. La tecnologia che descrive il processo di degradazione dei composti organici si fonda su un sistema chiamato elettrofotocatalisi eterogenea su biossido di titanio nano-strutturato. I processi di elettrofotocatalisi eterogenea su biossido di titanio nanotubolare si differenziano da quelli di fotocatalisi semplice per due caratteristiche specifiche che garantiscono al processo rendimenti superiori:
- il biossido di titanio nano-strutturato, costituito da formazioni nanotubolari altamente ordinate, cresciuto per ossidazione anodica sulla superficie di un supporto in titanio;
- la polarizzazione anodica del materiale fotocatalitico.
Applicazione e benefici
Ambienti sanificati 24/24h, anche in presenza di persone
La fotocatalisi o ossidazione fotocatalitica (PCO) è una tecnologia avanzata di purificazione dell’aria molto efficiente che sfrutta i processi naturali che permettono di distruggere particelle fino a 0,001 micron (nanometri), mentre i filtri HEPA possono filtrare solo particelle fino a 0,3 micron. L’ossidazione fotocatalitica distrugge i microbi (virus, batteri, muffe e lieviti), i composti organici volatili (COV) e altri composti chimicamente attivi e nocivi.
Fotocatalisi principio e funzionamento
Nella fotocatalisi eterogena la produzione di radicali liberi ha bisogno solo dell’ossigeno disciolto nell’acqua come accettore di elettroni e permette il riutilizzo del materiale al termine del processo. Ciò giustifica perché i proponenti del sistema enfatizzino il fatto che il sistema stesso “funziona” con acqua e tra i suoi prodotti vi sono solo i ROS ossia i radicali liberi dell’ossigeno, sopra citati, che peraltro sono sostanze particolarmente ossidanti.
A quanto osserva Berni (2015) nella sua tesi di laurea magistrale in Ingegneria per l’ambiente e il territorio, il biossido di titanio (TiO2) è il materiale più promettente tra quelli finora studiati per i processi di fotocatalisi perché è il più attivo. Difatti il biossido di titanio ha un ampio spettro di assorbimento della radiazione luminosa (λ<390 nm), è dotato di elevata stabilità chimica e permette di sfruttare al meglio la luce UV grazie alla sua elevata superficie specifica (Chong et al., 2010).